martedì 22 gennaio 2013


PIANTO AMARO  


Se l’intelletto mio potesse tanto,
trattar con serietà quest’argomento,
descrivere vorrei l’amaro pianto,
mi fermo dove è mio talento.

Non più Micca ne tiramminnanze
o bendati dinanzi al plotone
 se pur stretti  in diverse alleanze
tutti all’ombra di un sol gonfalone.

Solidali segreti e concordi,
animati di un solo ideale,
restan solo i vaghi ricordi
or calpesti da infausto male.

Furon mille  più mila e coscienti
della vita non fecer tesoro,
per l’italia moriron contenti
per la terra che non fu più di loro.

O Nizzardo, Camillo e Mazzini
che dai podi assisteti austeri
compiangete, son troppo meschini
sono d’oggi non sono di ieri.

Il mal seme che il bel Nazareno
c’insegnò d’estirpare dal grano,
si coltiva oggi a tempo pieno
chi adopera il senno e chi la mano

Chi son essi; dal cuore di gelo,
inesorabili falcian costante
eseguendo sicuri e con zelo
ordini precisi da pedante.

Questa ganga di gente smarrita
senza volto che agisce spietata,
a tanto orror non è mai contrita
sia frutto di una sola retata.

Se tornasse quel grande di allora
dalla nave sola senza nocchiero,
vedrebbe la procella che divora
non c’è più castellano ne maniero.

                    Chi mal regge lo scettro alla mano
           fia del popolo unica rete
           e sia l’ultima tappa teano
           e ritorni la pace e la quiete.

Marzo 1980
PAOLO BUSCEMI

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